Paolo Patui pubblica nel 2005 Volevamo essere i tupamaros: un romanzo in cinque puntate. A raccontarlo a spezzoni e singhiozzi ci pensa il protagonista di una storia, infarcita di calcio e di storia, nata sulle spiagge di Lignano in mezzo a un gruppo di ragazzini che si sentono importanti perché si fanno chiamare Tupamaros e nemmeno sanno chi sia Che Guevara e che finisce in mezzo a una sera di neve in cui si urla di gioia per la liberazione di Giuliana Sgrena e si finge di non sapere, o davvero non si sa, il resto. E il resto è Calipari che muore assieme al calcio. In cinque racconti la vita del protagonista cresce e si modifica come il mondo che gli sta accanto e non solo. Il romanzo vince il premio nazionale Piccola editoria di qualità e viene definito da Gianni Mura su Repubblica (Cattivi pensieri di domenica 29/01/2006): “Cinque racconti di calcio di ragazzi friulani che sarebbero piaciuti a Pasolini”.
Volevamo essere i Tupamaros, vince nel 2006 il Primo Premio nazionale della Piccola Editoria di Qualità.
Da Quasi Rete – Il blog letterario della Gazzetta del 7/3/2006
Ma quando arrivano le ragazze? È il primo pensiero che viene leggendo il libro di Paolo Patui, Volevamo essere i Tupamaros, un libro che sa di calcio e di provincia, ed è qualcosa che sta a metà fra i film di Salvatores e quelli di Pupi Avati, appunto. Patui racconta il calcio e la sua adolescenza, le colonie estive e le parrocchie in ogni stagione, il rapimento e l’assassinio di Moro, il rapimento e il rilascio di Giuliana Sgrena. Capita sempre così: un uomo parla di calcio e parla anche della sua esistenza, di quello che ha visto e di quello che non ha capito.
Le donne, qualche volta; le ragazze. Ragazze che arrivano come ombre leggere già nel primo racconto e prendono forma con il passare delle pagine. C’è Cristina, la pioniera che vuol giocare a pallone con i compagni dell’università e confonde amore e gioco (capita spesso anche questo, per fortuna). C’è Natalia che è argentina e odia il pallone e però si fidanza con un calciatore, un calciatore mediamente famoso che gira in Porsche e guarda caso è uno dei primi compagni di gioco del protagonista. Un tupamaro, appunto, perché nel libro di Patui c’è il calcio, ma arrivano presto le ragazze e arriva subito anche la politica. Come in ogni storia, come in ogni vita.
Di Carlo Annese